9 Marzo 2022

Stipendio non pagato: cosa fare?

In tema di rapporto di lavoro subordinato uno degli aspetti più importanti è sicuramente quello legato alla retribuzione.
In molti casi, tuttavia, lo stipendio non viene versato spontaneamente al dipendente, il quale, nel rispetto di determinate tempistiche e presupposti, potrà avviare delle procedure per recuperare il credito maturato.

Dopo quanto tempo il lavoratore può chiedere il pagamento dello stipendio non versato.

Può capitare di ricevere la busta paga a fine mese senza tuttavia il contestuale accredito dell’importo sul proprio conto corrente bancario. In queste situazioni per prima cosa è importante sapere che il diritto alla retribuzione viene garantito anche dalla nostra Costituzione e più in particolare dall’articolo 36 in virtù del quale: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa“.

Occorre poi far presente che l’articolo 2099 del codice civile sancisce che lo stipendio, il cui ammontare può essere stabilito anche liberamente dalle parti e richiamando quanto previsto dai contratti collettivi nazionali deve essere corrisposto obbligatoriamente.

A tal riguardo il nostro ordinamento mette a disposizione dei dipendenti diversi strumenti giuridici, grazie ai quali ottenere il pagamento dell’importo rimasto insoluto. Ma quando i lavoratori possono chiedere il versamento dello stipendio al proprio datore di lavoro? Sul punto l’articolo 2948 del codice civile prevede il termine di prescrizione quinquennale, decorso il quale non sarà possibile agire stragiudizialmente e davanti al Giudice per il recupero del credito.

I cinque anni decorrono dalle singole scadenze nel caso in cui il datore dovesse avere meno di 15 dipendenti. Diversamente farà fede la data in cui è stato concluso il rapporto di lavoro. La medesima prescrizione trova applicazione anche per la richiesta degli straordinari e del TFR. L’interruzione del termine quinquennale avviene attraverso l’esercizio dei diritti da parte del titolare, quindi ad esempio con lettere di messa in mora e diffida da inviare tramite posta raccomandata A/R oppure PEC, meglio se con l’assistenza di un legale di fiducia.

Occorre precisare che la diffida svolge una duplice funzione, in quanto non serve solo ad interrompere il termine di prescrizione ma a mettere in mora, ovvero ad intimare al datore il pagamento di quanto dovuto. In caso di adempimento spontaneo sarà quindi possibile evitare un’azione in giudizio con conseguente risparmio di tempo e denaro, anche perché verrà meno la necessità di procedere con l’esecuzione forzata o con la richiesta al Fondo di Garanzia Inps.

Una lettera di messa in mora è anche indispensabile ai fini strettamente processuali, perché consentirà al Giudice designato di valutare il comportamento del datore contrario alla buona fede. Ecco perché è sempre opportuno rivolgersi all’avvocato, in modo da sfruttare al meglio questo strumento stragiudiziale molto persuasivo che potrà portare a buoni risultati e concludere la vicenda senza particolari disagi, ovvero bonariamente e in tempi anche abbastanza veloci. 

La richiesta del pagamento degli stipendi non versati si prescrive entro 5 anni. L'interruzione del termine avviene attraverso l'esercizio dei diritti da parte del lavoratore.

Iter stragiudiziale e giudiziale da seguire per ottenere il pagamento della retribuzione

Quando il datore di lavoro omette il pagamento dello stipendio bisogna quindi seguire un preciso iter stragiudiziale ed eventualmente giudiziale che inizia con l’inoltro di un sollecito tramite posta raccomandata o PEC. Più nel dettaglio, il legale, una volta appurata la sussistenza dei presupposti di legge, fra cui la non avvenuta prescrizione del credito, provvederà all’invio al datore di una lettera contenente la diffida ad adempiere e che avrà pieno valore dal punto di vista legale, in quanto verrà poi eventualmente presentata in giudizio.

I contratti di lavoro prescrivono che il dipendente riceva lo stipendio alla scadenza concordata, aspetto che potrebbe sembrare scontato ma che nei fatti non è così. Il ritardo o mancato versamento della retribuzione è infatti un evento abbastanza ricorrente, per questo si rivela indispensabile mandare un sollecito e nei casi più gravi dare le dimissioni per giusta causa.

Occorre poi tenere in considerazione che quando il ritardo è di pochi giorni non ci sono le condizioni per avviare il recupero stragiudiziale delle somme. La questione cambia quando lo stipendio non viene accreditato da diverso tempo, in genere entro il giorno 10 del mese successivo a quello lavorato.

Dopo questo termine il datore si considera in mora e sarà tenuto a pagare gli interessi. Se l’azienda non dovesse richiamare quanto previsto dai contratti nazionali è previsto che il compenso sarà corrisposto una volta eseguita la mansione. Questo vuol dire che se la cadenza della paga è mensile bisogna ritenere conclusa la prestazione l’ultimo giorno del mese.

Ritardi e mancati pagamenti possono poi interessare la tredicesima e le gratifiche natalizie, di regola da corrispondere entro il giorno 12 di gennaio dell’anno successivo, anche per evitare incongruenze sul piano fiscale.

Quando nonostante la diffida ad adempiere del legale il datore continua a non pagare, si dovrà procedere con l’ingiunzione di pagamento, ovvero avviare un procedimento giurisdizionale e quindi presentare un ricorso al Giudice del lavoro necessariamente con l’assistenza di un avvocato.

Un datore di lavoro può essere ritenuto in mora se non corrisponde lo stipendio entro il giorno 10 del mese successivo a quello lavorato

Diffida del legale, decreto ingiuntivo, causa ordinaria e procedura esecutiva

La diffida legale, con la quale si sollecita il datore di lavoro a pagare lo stipendio, dovrà contenere l’ammontare dell’importo dovuto, i dati per effettuare l’accredito e il termine entro il quale provvedere all’adempimento, solitamente non meno di 10 giorni.

Ulteriore possibilità da attuare prima di adire le vie legali è quella dell’accordo bonario in presenza dei sindacati. Al fine di avviare questo tentativo di conciliazione sarà necessario rivolgersi alla Direzione Provinciale del Lavoro depositando l’apposita istanza.

Conclusa la fase stragiudiziale senza alcun esito positivo sarà necessario presentare un ricorso per Decreto Ingiuntivo con l’assistenza di un avvocato che si occuperà di produrre in giudizio tutta la documentazione necessaria, fra cui le buste paga insolute. Ottenuto il Decreto, questo verrà notificato entro il termine di 60 giorni al datore di lavoro, il quale potrà pagare spontaneamente quanto dovuto o eventualmente opporsi nei successivi 40 giorni.

La presentazione dell’opposizione trasformerà la causa in ordinaria, per cui il giudizio, quando le ragioni del lavoratore verranno accolte dal Giudice designato, si concluderà con un provvedimento di condanna a carico del datore di lavoro e che prevede anche sanzioni di natura amministrativa.

La mancata opposizione nei termini, invece, comporta l’esecutività del Decreto, il quale potrà essere validamente impiegato per avviare la procedura esecutiva, quindi l’esecuzione forzata nei confronti del datore rimasto inadempiente.

Quando la retribuzione non viene corrisposta o versata in ritardo, il lavoratore può anche presentare le dimissioni per giusta causa, senza rispettare alcun termine di preavviso. Nel momento in cui il datore tiene un comportamento contrario alla buona fede, tale da non rendere possibile la prosecuzione del rapporto di lavoro anche in modo temporaneo, il dipendente che intende rassegnare le dimissioni dovrà farlo nel più breve tempo possibile. Un eventuale ritardo, infatti, potrebbe essere interpretato da parte del Giudice come un’accettazione tacita della condotta aziendale, quindi rischia di invalidare le dimissioni.

Interrompere il rapporto lavorativo vuol dire in ogni caso rispettare le modalità di comunicazione telematiche, dunque utilizzare i moduli appositi che vengono messi a disposizione dal Ministero del Lavoro.

L’inadempimento del datore, così come più volte precisato dalla giurisprudenza e da numerose pronunce, dovrà essere comunque reiterato, quindi pari ad almeno due buste paga rimaste insolute. Dopo aver presentato le dimissioni per giusta causa il dipendente avrà diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, al TFR, alla liquidazione dei permessi e delle ferie non goduti, oltre che alla disoccupazione.

Istanza al Fondo di Garanzia Inps se il datore di lavoro è insolvente

In diverse situazioni il datore di lavoro si rivela del tutto impossibilitato nel corrispondere la retribuzione al dipendente, come nei casi di fallimento dell’azienda, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria.

In queste ipotesi non solo il pagamento delle ultime tre retribuzioni, ma anche degli altri crediti e TFR maturati, verranno corrisposti dal Fondo di Garanzia Inps, previa istanza da parte del lavoratore.

L’accesso al Fondo è possibile solo dopo aver avviato la procedura stragiudiziale, giudiziale e il tentativo infruttuoso di esecuzione forzata da parte del dipendente. Il rapporto di lavoro dovrà essere inoltre cessato e l’importo insoluto regolarmente accertato e inserito nello stato passivo dell’azienda.

La presentazione della domanda deve avvenire solo attraverso il servizio telematico quando il credito del lavoratore risulta definito dalla procedura concorsuale oppure dall’esito negativo dell’esecuzione forzata. Quando poi il datore di lavoro non può essere assoggettato alle procedure concorsuali sarà necessario allegare copia conforme del titolo esecutivo sulla base del quale è stato avviato il pignoramento.

Una volta presentata e accolta la domanda, il Fondo provvederà a corrispondere le somme riconosciute entro il termine di 60 giorni e con accredito sul conto corrente del beneficiario.

Alla luce di quanto emerso si comprende bene che recuperare lo stipendio non corrisposto implica la conoscenza di tutta una serie di norme e istituti giuridici, per questo è sempre meglio affidarsi a professionisti che vantano una certa esperienza, quindi in grado di fornire ampia assistenza in fase stragiudiziale e giudiziale. In questo modo sarà possibile anche velocizzare l’accredito della retribuzione sul conto e in molti casi evitare contenziosi costosi e lunghi.

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