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Che cos’è la riabilitazione penale?
Molto spesso, l’aver riportato una condanna porta con sé anche l’applicazione di pene accessorie ed effetti penali non di poco conto.
A titolo esemplificativo, vi sono casi in cui alla condanna penale può aggiungersi la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, l’interdizione legale o l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione ecc.
In altri casi ancora, alla condanna seguono effetti di diversa natura, civile e amministrativa, tali da ostacolare per esempio, l’ammissione a concorsi pubblici o l’impossibilità di ricoprire determinate cariche.
In tutti questi casi, pertanto, la condanna, magari già integralmente eseguita e risalente a un’epoca passata della propria vita, potrebbe rappresentare per molti, un ostacolo anche a distanza di tempo.
In determinati casi è però possibile presentare domanda di riabilitazione dalla condanna penale.
La riabilitazione elimina gli ostacoli creati sia dalle pene accessorie che dagli effetti penali della condanna (“Manuale di Diritto Penale Parte Generale” di Marinucci Dolcini Gatta).
È una causa di estinzione della pena che consente al soggetto condannato, decorso un certo lasso di tempo dall’espiazione della condanna, di recuperare le facoltà perse in conseguenza della stessa, di reintegrare la propria capacità giuridica e quindi, utilizzando un’espressione più popolare, di pulire la propria fedina penale.
Quando è possibile chiedere la riabilitazione?
I presupposti per la concessione della riabilitazione sono i seguenti:
- decorso di un certo lasso di tempo da quando la pena è stata eseguita o si è in altro modo estinta.
Tale termine varia a seconda dei casi:
tre anni nella maggior parte dei casi;
otto anni nei casi di recidiva aggravata o reiterata;
dieci anni se trattasi di delinquente abituale, professionale o per tendenza; - prova effettiva e costante di buona condotta.
Tale requisito deve sussistere nell’arco di tempo compreso tra l’estinzione della pena principale e la decisione del Tribunale di Sorveglianza.
Trattasi di requisito che, per la sua vaghezza, si presta a diverse interpretazioni.
La buona condotta dovrebbe in linea generale consistere nel mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate e condivise.
Meglio ancora se il reo dimostra di essersi ravveduto, dando dimostrazione di serbare una condotta attuale positiva, indicativa della volontà di riscattarsi dal passato. - adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato.
Il soggetto condannato dovrà dimostrare di aver risarcito e/o riparato il danno derivante dal reato e ancora, di aver rimborsato le spese di un eventuale mantenimento in carcere.
Attenzione però, perché la riabilitazione può essere concessa anche se il soggetto dimostri di trovarsi nell’impossibilità di non poter pagare.
Tali situazioni ricorrono, secondo costante giurisprudenza, se si dimostra di trovarsi in uno stato di difficoltà economica o quando il pagamento comporterebbe un sacrificio intollerabile per sé e per la propria famiglia o ancora, in presenza di situazioni del tutto indipendenti dalla volontà del condannato.
Come, per esempio, l’irreperibilità del danneggiato.
La riabilitazione non può essere concessa se il condannato è sottoposto a misure di sicurezza, salvo che tale misura non sia stata revocata, ad esclusione dell’espulsione dello straniero e della confisca, o si sia reso inadempiente alle obbligazioni civili derivanti dal reato (restituzione o risarcimento), nei termini sopra esposti e con tutte le eccezioni già viste.
Se la proposta è adeguata, il semplice rifiuto del danneggiato al risarcimento offerto non è di ostacolo alla concessione della riabilitazione: sarà il Tribunale quindi a decidere sull’adeguatezza dell’offerta formulata.
In casi particolari, se il danno è di rilevante entità e non può essere risarcito integralmente, il richiedente dovrà dimostrare il parziale ristoro e l’impossibilità di adempiere la parte residua.
Il Tribunale potrà anche eventualmente individuare un destinatario pubblico, associazione o ente benefico, cui destinare la somma a titolo di risarcimento.
Come si chiede la riabilitazione dalla condanna penale?
La domanda di riabilitazione viene depositata avanti al Tribunale di Sorveglianza territorialmente competente in base alla residenza del condannato.
L’assistenza di un legale nel successivo procedimento e in udienza è obbligatoria.
Nell’istanza si dovranno dimostrare i requisiti per la concessione della riabilitazione.
Sarà quindi indispensabile produrre la documentazione idonea a provare la sussistenza delle citate condizioni, per esempio:
- estratto della sentenza irrevocabile di condanna;
- certificato di espiata pena in caso di carcerazione;
- contabile di pagamento delle spese di giustizia;
- prova dell’avvenuto risarcimento del danno ecc.;
- documentazione relativa alla situazione lavorativa attuale del riabilitando.
In ogni caso, il Tribunale di Sorveglianza chiederà d’ufficio la documentazione ritenuta necessaria.
Il Tribunale di Sorveglianza, una volta depositata la domanda, fisserà l’udienza di trattazione, al termine della quale si pronuncerà in merito alla domanda presentata.
Revoca della riabilitazione.
Il Tribunale di Sorveglianza revoca la riabilitazione laddove il condannato abbia commesso, entro sette anni dalla riabilitazione, un delitto non colposo per il quale è prevista la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni, o più grave.
La revoca della riabilitazione farà purtroppo rivivere le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna (“Manuale di Diritto Penale Parte Generale” di Marinucci Dolcini Gatta).