2 Dicembre 2021

Il licenziamento individuale

Il datore di lavoro per poter interrompere in maniera legittima il rapporto di lavoro è vincolato al rispetto di alcune condizioni sia formali che sostanziali. Vediamo insieme quali sono i casi in cui il datore di lavoro può licenziare il proprio dipendente e quando, invece, il licenziamento è illegittimo.

Il licenziamento individuale. Le ragioni determinanti

Il licenziamento individuale è l’atto con cui il datore di lavoro decide di interrompere il rapporto di lavoro col proprio dipendente.
Tale interruzione può avvenire unicamente in presenza di alcune ragioni, predeterminate dalla legge, che devono essere specificatamente inserite nella lettera di licenziamento a pena di nullità, e che determinano la natura del licenziamento stesso.
In linea generale, qualora il datore di lavoro licenzi il proprio dipendente per ragioni economiche si parlerà di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora le ragioni attengano ad un inadempimento imputabile al lavoratore si parlerà di licenziamento per giusta causa (meglio conosciuto come licenziamento disciplinare).
Ci sono, inoltre, alcuni casi particolari per i quali il legislatore ha previsto la possibilità di un licenziamento c.d. ad nutum, ossia senza alcuna motivazione.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere intimato dal datore di lavoro in caso di motivi economici ossia ragioni inerenti all’attività produttiva, organizzativa o al regolare funzionamento dell’attività economica. I presupposti affinché il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo sia legittimo sono:
  • veridicità dei motivi posti alla base del licenziamento stesso;
  • presenza del nesso di causalità tra i motivi economici addotti e il licenziamento: ossia la ragione per la quale è stato intimato il licenziamento deve aver provocato in maniera diretta o indiretta l’esigenza di sopprimere la posizione lavorativa;
  • impossibilità di reimpiegare il lavoratore in altre posizioni disponibili all’interno dell’azienda.
Spetta al datore di lavoro l’onere di dimostrare la fondatezza del licenziamento comminato e, pertanto, la presenza dei citati presupposti.
Il datore di lavoro che vuole intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovrà riconoscere al proprio dipendente il preavviso che potrà essere lavorato dal dipendente o liquidato dal datore di lavoro.

Licenziamento per giusta causa

Il licenziamento per giusta causa (qui un approfondimento), o per giustificato motivo soggettivo, è fondato sulla violazione, posta in essere dal lavoratore, degli obblighi nascenti dal contratto di lavoro, che abbia quale conseguenza la lesione irrimediabile del vincolo fiduciario.
Il datore di lavoro stabilisce di comminare il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo a seconda della gravita dell’addebito. Nel primo caso la violazione deve essere talmente grave da non permettere la prosecuzione neppure temporanea del rapporto di lavoro, con la conseguenza che il licenziamento sarà immediato senza necessità di riconoscere il preavviso, nel secondo caso invece la violazione, seppur di gravità tale da giustificare un licenziamento, non richiede l’espulsione immediata del lavoratore.
Entrambi i licenziamenti si definiscono disciplinari in quanto rappresentano il provvedimento sanzionatorio di un procedimento disciplinare, come previsto dall’art. 7 dello Statuto dei Lavorati.

Licenziamento privo di ragioni

Vi sono casi particolari nei quali il legislatore ha previsto la possibilità per il datore di lavoro di interrompere il rapporto con il proprio dipendente senza dover giustificare la propria decisione (c.d. licenziamento ad nutum), ossia senza necessità di motivazione.
Le eccezioni alla normativa sopra richiamata riguardano:

  • lavoratori domestici;
  • lavoratori in prova;
  • atleti professionisti;
  • apprendisti al termine del periodo formativo;
  • dirigenti;
  • lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici o che abbiano superato i 70 anni di età.

Cosa fare in caso di licenziamento illegittimo

Qualora il lavoratore subisca un licenziamento in assenza di uno dei requisiti sopra descritti si avrà un licenziamento illegittimo.
Il lavoratore sarà tenuto ad impugnare il licenziamento illegittimo entro 60 giorni dalla comunicazione dello stesso e, in caso di mancato accordo col datore di lavoro, dovrà depositare un ricorso in tribunale, per il tramite del proprio avvocato, entro i successivi 180 giorni dall’impugnazione, volto a chiedere al Giudice l’accertamento dell’illegittimità / nullità del licenziamento.
L’onere della prova sulla legittimità del licenziamento grava sul datore di lavoro.
A seconda dei requisiti dimensionali del datore di lavoro, in caso di sentenza che riconosca l’illegittimità del licenziamento il lavoratore potrà ottenere la reintegra sul posto di lavoro e/o il risarcimento del danno subito dall’illegittima espulsione.

Crediti immagine – Freepik

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